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Catching vitamin D

Tossicità della vitamina D

La vitamina D è essenziale per il benessere generale del nostro organismo, supportando il sistema immunitario e favorendo l’assorbimento del calcio, fondamentale per la salute delle ossa. Tuttavia, l’assunzione di quantità eccessive può causare tossicità e portare a una condizione chiamata ipervitaminosi da vitamina D, ovvero un eccesso di vitamina D nel corpo.

L’ipervitaminosi è piuttosto rara e spesso collegata all’assunzione di integratori di vitamina D in dosi elevate per un lungo periodo di tempo. Essendo una vitamina liposolubile, la vitamina D viene immagazzinata nel fegato e nei tessuti adiposi, a differenza delle vitamine idrosolubili, che vengono eliminate più facilmente tramite le urine. Questo accumulo graduale può portare a tossicità, soprattutto se non si rispettano le dosi consigliate.

I primi segni di tossicità da vitamina D includono:

  • Perdita di appetito
  • Nausea e vomito
  • Debolezza generale e nervosismo
  • Ipertensione arteriosa

A causa dei livelli elevati di calcio nel sangue (ipercalcemia), si possono verificare sintomi più gravi come:

  • Depositi di calcio nei reni, nei vasi sanguigni, nei polmoni e nel cuore
  • Insufficienza renale a lungo termine

Questa condizione può compromettere in modo grave la salute, e i sintomi di tossicità possono durare a lungo a causa del lento rilascio della vitamina accumulata nell’organismo.

La vitamina D, essendo liposolubile, può accumularsi nel fegato e causare tossicità sistemica, specialmente in caso di somministrazione prolungata e inappropriata, come dosi superiori a 1600 UI al giorno in terapie croniche. Gli effetti tossici della vitamina D sono generalmente legati a un’over-supplementazione cronica, piuttosto che a intossicazioni acute. Le conseguenze derivano principalmente dall’ipercalcemia indotta dall’eccesso di vitamina D, che porta alla formazione di cristalli di fosfato di calcio nei tessuti molli. A livello clinico, i sintomi dell’ipercalcemia sono spesso aspecifici, ma combinati tra loro costituiscono la cosiddetta “sindrome ipercalcemica”, un’emergenza metabolica che richiede un trattamento tempestivo e mirato.

La diagnosi di tossicità da vitamina D si basa su esami del sangue che misurano i livelli di calcio e vitamina D. Se il medico rileva livelli elevati, il trattamento consiste nella sospensione immediata degli integratori di vitamina D e nella somministrazione di liquidi per via endovenosa. In alcuni casi, vengono prescritti farmaci come i corticosteroidi o i bifosfonati per ridurre il rilascio di calcio dalle ossa.

La vitamina D è presente in due forme principali:

  • D2 (ergocalciferolo), presente in alcuni alimenti
  • D3 (colecalciferolo), sintetizzata dalla pelle in risposta all’esposizione ai raggi UVB del sole

L’esposizione al sole non provoca ipervitaminosi, poiché il corpo regola naturalmente la quantità di vitamina D prodotta. È raro che una dieta ricca di vitamina D porti a tossicità, poiché gli alimenti contengono quantità relativamente basse di questa vitamina. Il rischio maggiore è legato all’uso eccessivo di integratori senza un controllo medico.

Nonostante i rischi legati all’eccesso, la vitamina D rimane essenziale per prevenire carenze, soprattutto nei soggetti a rischio come gli anziani o chi vive in zone poco esposte al sole. Un’adeguata assunzione giornaliera, che può essere integrata quando necessario, aiuta a prevenire problemi di salute come le fratture ossee.

Tuttavia, è fondamentale consultare un Professionista Sanitario (medico, farmacista o nutrizionista) prima di iniziare qualsiasi supplementazione per evitare rischi di tossicità.

La Endocrine Society, in una recente pubblicazione sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, ha evidenziato che, nonostante il crescente ricorso alla supplementazione di vitamina D e ai test di laboratorio per il suo dosaggio, i benefici di un’integrazione eccessiva non sono supportati da prove solide. In particolare, il panel scientifico sconsiglia l’uso empirico della vitamina D al di sopra dei valori raccomandati negli adulti sani sotto i 75 anni, in assenza di precise indicazioni mediche.

Secondo le linee guida, l’integrazione oltre i livelli raccomandati potrebbe essere giustificata in alcune categorie specifiche, tra cui:

  • Bambini tra 1 e 18 anni, per prevenire il rachitismo e ridurre il rischio di infezioni respiratorie.
  • Anziani over 75, per ridurre il rischio di mortalità.
  • Donne in gravidanza, per prevenire complicazioni come preeclampsia e ridurre il rischio di parto pretermine.
  • Adulti con prediabete ad alto rischio, per ridurre la progressione verso il diabete.

Secondo Marie B. Demay, docente di Medicina presso la Harvard Medical School, molte domande cruciali sull’integrazione ottimale di vitamina D rimangono senza risposta a causa della mancanza di studi clinici su larga scala. Pertanto, è essenziale seguire indicazioni precise e basate su evidenze per evitare rischi associati a dosi eccessive.

Un eccesso di vitamina D, sebbene raro, può avere conseguenze gravi. Per mantenere un corretto equilibrio, è importante rispettare le dosi giornaliere consigliate e monitorare periodicamente i livelli di vitamina D nel sangue, specialmente se si assumono integratori. La prevenzione è sempre la migliore strategia per proteggere la nostra salute.

Fonti generali per tutti gli articoli di questo blog sono i volumi consigliati dai Docenti dei corsi di laurea che ho frequentato all’università, mentre per approfondire durante la stesura di questo articolo ho consultato le seguenti pubblicazioni:

Dott. Federico Mulazzani

Farmacista & Nutrizionista titolare di "Farmacista Nutrizionista" esercizio farmaceutico situato a Rimini in Via Dante 13 Nella stessa sede svolgo attività libero professionale su appuntamento come <strong>Nutrizionista </strong> Prenota la tua <a href="https://www.farmacistanutrizionista.it/prenota-la-tua-consulenza/" rel="noopener">Consulenza Online</a>